Essere accompagnati: pretendiamo troppo?
Essere accompagnati: pretendiamo troppo?

Essere accompagnati: pretendiamo troppo?

Abbiamo ricevuto una lettera di un animatore, con il suo permesso abbiamo pensato di pubblicarla, anche se non potevamo fare altrimenti. Forse è un po’ un pugno nello stomaco ma a volte è importante anche dirci le cose come stanno. Magari non tutti si ritrovano in questa situazione però è abbastanza diffusa…

 

Ciao! Ho visto quel post su Giuseppe Cafasso (qui) che avete pubblicato su Instagram, ma soprattutto quella stories sull’accompagnamento mi ha fatto riflettere (“e tu hai una guida spirituale?”), non conosco i risultati del sondaggio però ho deciso di scrivervi un po’ di cosette alle quali già da un po’ pensavo…

Qualche annetto fa mi sono imbattuto in questo versetto del Vangelo secondo Giovanni: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?» Quasi automaticamente ho sostituito il mio nome al nome di Filippo. Mi colpì molto perché mi sono reso conto che nonostante sia cresciuto in oratorio e lo abbia vissuto a 360 gradi, nella molteplicità e nella pienezza delle sue attività, Gesù non lo avevo conosciuto. La reazione è spontanea: ma come cavolo è possibile?! Questo Gesù di cui avevo tanto sentito parlare e di cui tanto ho parlato ai ragazzi, non lo avevo conosciuto e proprio per questo ho messo anche in dubbio l’esistenza di Dio. Un dio che in realtà era solo un’entità astratta, lontana e impersonale e che quindi davanti alle domande di senso che si presentavano nel cuore ha mostrato tutta la sua inconsistenza ed inesistenza. Il problema è che in questo caso le domande non trovano risposta e diventano macigni che appesantiscono e generano irrequietudine. Comunque, non scrivo per raccontare tutto ciò che successe dopo l’essermi reso conto di ciò, mi limito nel dire che quel Gesù poi l’ho conosciuto grazie ad una serie di esperienze, di persone incontrate, o semplicemente grazie all’essermi trovato al posto giusto nel momento giusto. Il problema è proprio questo, com’è possibile che un giovane, un ragazzo, che frequenta i nostri oratori, le nostre case salesiane, e lo fa così pienamente, non arriva a conoscere il Signore? Cioè, com’è possibile che non si renda conto che sta vivendo una vera e propria esperienza di Dio?

Mi faccio queste domande anche perché, guardandomi un po’ attorno, mi rendo conto di non essere un caso isolato. Infatti a volte penso di essere stato veramente “graziato”. Quanti oratoriani, quanti animatori ho visto allontanarsi perché magari le domande di senso che si portavano silenziosamente nel cuore, non trovavano risposta. Certo, forse bisogna fare alcune differenze. Certo, ci sono vari livelli di partecipazione e di appartenenza, anche se c’è da domandarsi se davvero nei nostri cortili, nelle nostre attività, con la nostra vita, facciamo conoscere Gesù Cristo. Vabbè, è un cane che si morde la coda… solo chi l’ha conosciuto veramente e vive una relazione personale con il Signore può testimoniarlo. Cioè come possiamo fare conoscere l’Amore di Dio ai ragazzi dei nostri ambienti se per primi non lo conosciamo e non lo sperimentiamo? Mi domando: in nome di chi li amiamo?

Forse quindi è proprio per questo che poi in molti si allontanano, anche tra gli animatori stessi. In realtà il problema non è nemmeno questo, cioè non è un problema allontanarsi dall’oratorio, ben venga! Voglio dire che a 30 anni non si può vivere l’oratorio e la casa salesiana così come si faceva a 18, non sarebbe sano, educativo ed evangelizzante. Il problema è quando ci si allontana proprio da Dio e dalla vita cristiana. Cioè com’è possibile che tanti animatori che prima insistevano con i ragazzi per la partecipazione a messa domenicale ora non sanno nemmeno farsi il segno della croce? Ovviamente è una esagerazione, però alcuni davvero non li si vede più nemmeno a messa, o comunque hanno smesso di lasciare a Dio uno spazio nella loro vita. Così, l’oratorio diventa solo un bel ricordo…

Sicuramente qualcosa è mancato. Ovviamente ci sono tanti che invece portano avanti una bella vita di fede, che davvero hanno fatto dell’oratorio una scelta di vita che orienta tutte le altre dal lavoro, alla famiglia e quant’altro. E quindi anche allontanandosi continuano a vivere la loro vita cristiana.

Forse non sono io a dover trovare delle soluzioni, però molto serenamente dico che mi avrebbe fatto bene che qualcuno mi proponesse di vivere un’esperienza personale, intesa e profonda di accompagnamento spirituale, attraverso la quale poter guidare i processi di crescita umana e appunto spirituale. Avrei evitato forse di trovarmi nel bel mezzo di dubbi e di crisi di fede senza qualcuno che potesse sostenermi e aiutare a capire cosa stesse accanendo. Meno male che mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto.

Forse avrei detto di no, ma almeno avrei potuto scegliere. Certo, oltre all’accompagnamento personale esiste un accompagnamento di ambiente, di gruppo ecc… ma può bastare? O forse è necessario che qualcuno accompagni le personali domandi di senso che abitano il cuore di ogni giovane? Forse il problema è che spesso ci si dimentica che prima ancora di essere animatori siamo giovani…

Trovandomi nel posto giusto e al momento giusto adesso ho una guida spirituale, è un salesiano, e con lui ho iniziato a conoscere e riconoscere l’Amore di Dio. Nell’esperienza dell’oratorio, che non è solo un bel ricordo o un “rifugio” ma esperienza di paradiso che prepara alla vita. E nello studio e nel lavoro, nella famiglia, nella relazione con la mia ragazza e nelle cose di tutti i giorni. Con lui ho imparato a comprendere come il Signore agisce nella mia vita e nella mia quotidianità, a vivere quindi una relazione personale con Lui. Sto imparando quindi a pregare, a vivere i sacramenti con costanza e impegno, a ritagliarmi del tempo da dedicare all’ascolto e alla meditazione della Parola. Sto imparando a conoscere la mia vocazione, a fare della vita cristiana e oratoriana una scelta di vita. In definitiva, sto imparando a lasciarmi amare e ad amare, con tutte le mie fragilità, i miei limiti ma anche le mie qualità.

Concludo con un duplice appello: ai “grandi” soprattutto ai salesiani: non abbiate paura di proporre l’accompagnamento, senza invidie, gelosie o paure varie. Siete uomini di Dio e quindi ogni cosa la pensate e decidete con Lui e in Lui. Ovviamente si tratta di lasciare sempre liberi, non vi offende per i possibili no. In quel caso siate creativi e continuate a far conoscere la bellezza di una vita nell’Amore di Dio e quindi della relazione personale con Lui. Accompagnateci, parlateci, anzi ascoltateci e metteteci nelle condizioni di aprirvi il nostro cuore. Una delle condizioni necessarie? Stare in cortile e il famoso far ballare l’occhio, soprattutto sui cuori.

Secondo appello: ai noi ragazzi e giovani. Purtroppo i nostri salesiani hanno tante cose da fare. Non è una giustificazione, non voglio certamente commiserarli, anche se ci sarebbe da fare una riflessione seria anche su questo tema. Ad ogni modo, fatevi avanti voi! Chiedete, anzi pretendete di essere accompagnati, è un vostro diritto e se siete animatori anche un dovere. Non si può comunicare l’Amore di Dio senza farne esperienza personale. Comunque a prescindere da tutto, vi renderete conto che inizierete a vivere la vita camminando con chi è la Vita, con chi è il motivo della Felicità. Chiedete, insistete, pretendete.