Omelia di don Chavez su S. Domenico Savio (2004): Se lui è stato così, perchè non possiamo esserlo anche noi?
Omelia di don Chavez su S. Domenico Savio (2004): Se lui è stato così, perchè non possiamo esserlo anche noi?

Omelia di don Chavez su S. Domenico Savio (2004): Se lui è stato così, perchè non possiamo esserlo anche noi?

omelia chavez

Lo sai che a Domenico Savio è intitolata una Basilica? Una sola nel mondo, a Lecce, dove ha compiuto i miracoli grazie ai quali fu cnonizzato dalla Chiesa, nel 1954. Nel 2004 l’urna di Domenico Savio fu ospitata in questa splendida Basilica, ad accoglierla c’erano migliaia di giovani del MGS e il Rettor Maggiore… che fece questa splendida omelia…

“Se lui è stato così,  perché non lo possiamo essere anche noi?”

Cinquantesimo anniversario della canonizzazione di San Domenico Savio

Santa Messa, presente l’urna del Santo

 Lecce, 16 maggio 2004

Con grande gioia saluto tutti e ciascuno di voi, cari confratelli e giovani del MGS  dell’Italia Meridionale.

 

Saluto tutti coloro, membri della Famiglia Salesiana o amici di Don Bosco, che in questo finesettimana si sono recati a Lecce, alla Basilica di San Domenico Savio, per onorarlo nel cinquantesimo anniversario della sua canonizzazione.

Benvenuti nella casa di Don Bosco!

 

Do il benvenuto a tutti voi. E, soprattutto, do il benvenuto nella Basilica a questo ragazzo santo, allievo di Don Bosco, cui è stata dedicata. Penso che è la prima volta che Domenico Savio si trova nella sua casa, e questa è certamente l’unica Basilica nel mondo che sia stata dedicata a lui.

 

Benvenuto in questa Casa, carissimo Domenico! Benvenuto a te che vieni ad arricchire di santità questa ispettoria meridionale, che vieni a farci un richiamo alla santità, che vieni a fare un appello ai giovani a vivere la santità come “misura alta della vita cristiana”.

 

Grazie perché vieni a ricordarci che questa è la nostra vocazione, che siamo nati per questo, che questo è il “sogno di Dio” su di noi. Grazie perché ci inviti a scoprire la gioia di vivere la vera comunione con il Padre che è nei cieli e con il Figlio unigenito Gesù Cristo per mezzo dello Spirito santo. Grazie perché ci rendi testimonianza che la santità non è qualcosa di impensabile e di impossibile, ma che è possibile e addirittura facile, come te lo fece scoprire Don Bosco, perché la santità è innanzitutto dono di Dio.

 

  • Salesiani: modelli e guide di santità

 

Carissimi fratelli e sorelle, carissimi giovani, davanti a san Domenico Savio, che è il più bel frutto della pedagogia di Don Bosco, rivolgo a voi ancora una volta l’appello fatto nella Strenna di questo anno 2004 che ha trovato appunto la sua ispirazione nel 50° anniversario della canonizzazione di Domenico Savio: «Riproponiamo a tutti i giovani con convinzione la gioia e l’impegno della santità come “misura alta di vita cristiana ordinaria” (cf. NMI 31)».

 

Abbiate il coraggio di proporre il massimo a tutti i giovani e di individuare loro proposte coerenti con il Vangelo, che non scendano mai a compromessi.

 

Presentate Domenico Savio come un modello di santità giovanile in una società che sembra educare sempre più i suoi figli al conformismo, alla cultura del piacere e dell’effimero, all’egoismo.

 

Domenico Savio non è una statuina di zucchero infilzata. Era un ragazzo coraggioso. Quando ha capito che Dio era suo padre e tutti gli altri fratelli suoi, ha agito di conseguenza. 

 

Tutto questo lo ha imparato a casa dai suoi genitori, e a Valdocco da Don Bosco. Questo ci fa capire che i ragazzi hanno bisogno di guide e di modelli. Siamo invitati a modellare per primi la nostra vita su quella di Don Bosco per diventare come lui educatori santi, per saper additare ai giovani vette alte da raggiungere e rinnovare la volontà di essere loro guide.

 

Oggi come ieri, i giovani pongono delle domande e attendono risposte. Oggi come ieri, i giovani cercano persone disposte ad accoglierli, ascoltarli, accompagnarli. Oggi come ieri, i giovani vogliono un “Don Bosco”al loro fianco. Siamo per loro Don Bosco. Proponiamo loro con coraggio un programma di vita così come fece Don Bosco con Domenico Savio. Aiutiamo i ragazzi e i giovani ad assumere la vita come un dono, a viverla nella vera libertà e con gioia. Diciamo loro che l’energia e la garanzia della loro crescita è l’amicizia con Gesù, è fare esperienza di Dio. E, infine, educhiamoli ad aprirsi alla responsabilità, al servizio, alla solidarietà, alla carità.

 

  • Sulla scia di Domenico Savio

 

Nel commento alla Strenna dicevo che era importante riattualizzare l’iconografia di Domenico Savio, ma non per mezzo di un trucco che lo rendesse più moderno e attraente, ma recuperando la sua storia e riscoprendo la sua esemplarità. Chi fu dunque Domenico Savio, quale fu il suo cammino storico e il suo cammino spirituale.

 

Il prete insegnante di Mondonio, don Cugliero, era compagno di seminario di Don Bosco. Incontrandolo un giorno gli disse: “Ho un ragazzino da mandare al tuo Oratorio. Sua mamma, Anna Rosa Brigida Dorotea Agagliate, la sarta del paese, è una santa donna. E lui è di una bontà rara. Te lo faccio incontrare”.

 

Don Bosco di fatto lo incontrò il 2 ottobre 1854, nel cortiletto davanti alla sua casa dei Becchi. Ne rimase sbalordito. Scrisse: “Conobbi in quel giovane un animo tutto secondo lo Spirito del Signore, e rimasi non poco stupito considerando i lavori che la grazia di Dio aveva operato in così tenera età”. Franco e deciso, utilizzando come metafora il lavoro di sua madre, Domenico gli disse: “Io sono la stoffa, lei ne sia il sarto. Dunque mi prenda nella sua casa e faccia di me un bell’ abito da regalare al Signore… Io desidero ardentemente diventare sacerdote”.

 

Venti giorni dopo Domenico era già all’Oratorio di Valdocco, e si mise a camminare veloce sulla ‘strada” che Don Bosco gli tracciò “per farsi santo”: allegria, impegno nella preghiera e nello studio, far del bene agli altri. Per percorrere con costanza questa strada, Don Bosco gli raccomandò di conservare e di far crescere l’amore alla Madonna, amore che già sua madre gli aveva posto nel cuore. L’’8 dicembre del 1854, mentre a Roma il Papa dichiarava “verità di fede” l’Immacolata Concezione di Maria SS, Domenico si inginocchiava davanti all’altare della Madre di Dio, consacrandosi a lei e proclamando alcune righe che aveva scritto su un povero pezzo di carta: “Maria, vi dono il mio cuore. Fate che sia sempre vostro. Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei, ma per pietà fatemi morire prima che mi accada la disgrazia di commettere un solo peccato”. Non poteva saperlo, ma per quasi cent’anni quelle stesse parole sono diventate la preghiera degli aspiranti salesiani.

 

Il cammino indicatogli da Don Bosco lo percorse alla grande. Non solo studiò e pregò come un angelo, ma fece del bene agli altri con un coraggio franco, semplice, sbalorditivo.

 

Il capolavoro lo compì l’8 giugno 1856, quando radunò in un gruppo Michele Rua, Giovanni Cagliero, Francesco Cerruti, Giuseppe Bongioanni e una diecina di giovani forti e generosi, fondando con loro la ‘Compagnia dell’Immacolata’. Si impegnarono a diventare piccoli apostoli tra i compagni, a stare vicini a chi era triste e si sentiva solo, a diffondere gioia e serenità. Per più di cent’anni (fino al 1967) la ‘Compagnia dell’Immacolata’ sarebbe stata in ogni opera salesiana il gruppo dei giovani più impegnati e il cenacolo delle future vocazioni salesiane.

Nove mesi dopo, mentre era in famiglia per rimettersi in salute, andò incontro a Dio. Era il 9 marzo 1857.

 

Ricordando quanto Domenico Savio ha vissuto, ci rendiamo conto che la strada per la nostra santificazione passa anche attraverso la nostra volontà di donarci interamente al Signore e per sempre, di conservare una gioia stabile e contenuta, di essere fedeli ai nostri doveri di lavoro e di preghiera, di impegnarci nel fare il bene agli altri. Come la sua, la nostra santificazione è sostenuta dalla grazia di Dio attraverso i sacramenti dell’ Eucaristia e della Riconciliazione. Come la sua, la nostra santificazione è accompagnata da una devozione tenera, e matura nel contempo, alla Madonna. Come la sua, la nostra santificazione ha bisogno di un “Don Bosco”, di un direttore spirituale che ci aiuti a fare della nostra stoffa un bell’abito per il Signore.

 

  • Conclusione

 

Qui, in mezzo a noi c’è ora l’urna contenente le reliquie di San Domenico Savio. È molto bello vederlo rappresentato in un simulacro con le braccia stese verso il cielo, con gli occhi aperti a contemplare la luce del Signore. «Oh! che bella cosa io vedo mai…», sono state le sue ultime parole prima di morire, quel 9 marzo 1857, mentre intuiva la bellezza del paradiso.

 

Ma, la bellezza del paradiso, carissimi fratelli e sorelle, carissimi giovani, è già qui, è in mezzo a noi! La bellezza del paradiso è data dalla vostra vita consacrata, totalmente votata al Signore, dalla vostra generosa dedizione alla missione, dalla vostra bontà verso tutti e ciascuno, dalla vostra allegria, dal vostro desiderio di farvi santi e dal coraggio che spendete perché questo desiderio si realizzi. Insomma dall’Eucaristia che è un anticipo della comunione totale e definitiva con Dio.

 

Vedete, Domenico Savio – come ci ha detto di lui Don Bosco stesso – «era di carne e di ossa come noi, aveva le medesime cattive inclinazioni come tutti noi, era stato educato in oratorio, studiava ed andava a scuola come voi, giocava e si divertiva come tutti voi, solo era un po’ più buono e ci lasciò un esempio».

 

E allora – sono sempre parole di Don Bosco, ma sono anche le parole che io voglio dire con grande affetto a ciascuno di voi –, «se lui era così, se lui è riuscito a farsi santo, perché non lo possiamo essere anche noi?».

 

Don Pascual Chávez V.

Basilica di San Domenico Savio – Lecce, 16.05.’04