Tutto chiede salvezza
Tutto chiede salvezza

Tutto chiede salvezza

Tutto chiede salvezza è un libro che scuote. In un reparto psichiatrico emergono le grandi domande dell’esistenza, le paure più profonde miste alla speranza che resiste, l’umanità nuda e cruda, tanto fragile e autentica, quanto preziosa. Nascono legami fraterni tra persone diversissime tra loro, ma accomunate dallo stesso desiderio, dalla stessa fame di una cosa sola: salvezza. A trovare il modo per esprimere tutto questo, come solo i poeti, gli artisti e i matti sanno fare, è Daniele, un ragazzo di vent’anni che in sette giorni di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) scava dentro di sé e cerca fuori di sé un senso a tutto quello che non si può spiegare: il motivo della sua malattia, che per i medici ha sempre un nome diverso, ma non ancora una cura; il senso del dolore, della sofferenza inspiegabile che lo conduce a una rabbia incontrollabile; il motivo per cui sente tutto troppo forte, le cose brutte, ma anche le cose belle; il motivo per cui vive una profonda nostalgia di Paradiso e di Dio, pur non sapendo bene di cosa si tratti; il senso di colpa con cui convive chi è stato ferito dalla vita. Della vicenda non diremo molto, perché è bello conoscere pagina per pagina Daniele, Mario, Gianluca, Giorgio, Alessandro, Madonnina, “incapaci di non soffrire, e di non amare a dismisura.”

In quanto giovani, in quanto animatori salesiani, questo libro (recentemente anche reso con qualche modifica in serie tv) è un pugno e una carezza. Un pugno perché ci si rende conto che quelle domande senza risposta ci appartengono, perché il dolore è grande e fa paura, il desiderio di salvezza ci trascende, non possiamo trattenerlo nelle mani, ma ci rende vivi. Direbbe Mario :

“Un uomo che si interroga sulla vita non è più un uomo produttivo, magari inizia a sospettare che l’ultimo paio di scarpe alla moda che tanto desidera non gli toglierà quel malessere, quell’insoddisfazione che lo scava da dentro. Un uomo che contempla i limiti della propria esistenza non è malato, è semplicemente vivo.”

Rischiamo di non guardare i nostri limiti, perché proiettati a quello che può essere l’ultimo paio di scarpe alla moda, un fisico perfetto che rientri nei canoni di bellezza di questo tempo, una personalità che sia sempre al top, che non si mostri mai fragile, né bisognosa di relazioni vere e profonde; il bisogno di sentirci all’altezza perché omologati agli altri, la sicurezza che dà l’essere fotocopia, rispetto al rischio di essere originale… “oggi è l’enormità della vita a dare fastidio, il miracolo dell’unicità dell’individuo.” Sei unico/a, siamo unici!

La nostra unicità è un miracolo. Se cerchiamo esperienze che ci riempiano di vita, che ci ricordino cosa significhi essere giovani, la prima esperienza che possiamo fare è quella di riconoscerci unici e di riconoscere che tutti gli altri non sono solo altro da noi, ma sono unici a loro volta. E che questa unicità ci rende fratelli. È Daniele a parlare questa volta:

“Forse, questi uomini con cui sto condividendo la stanza e una settimana della mia vita, nella loro apparenza dimessa, le povere cose di cui dispongono, forse loro, malgrado tutte le differenze visibili e invisibili, sono la cosa più somigliante alla mia vera natura che mi sia capitato d’incontrare.”

Noi siamo al servizio dei più piccoli, dei ragazzi che ci vengono affidati in un gruppo e di quelli che incrociamo in cortile, forse a volte ci sarà capitato di pensare di essere totalmente altro da loro, di non avere niente in comune con il ragazzo che sputa per terra e che parla una lingua non ancora conosciuta o con la ragazza che rivolge la parola solo alle due amiche che la accompagnano come guardie del corpo a sua completa disposizione e che guarda con diffidenza tutto il mondo circostante… questi sono solo esempi per capirci, ricordando che ognuno è unico, perciò anche queste descrizioni lasciano il tempo che trovano. Tuttavia, per avere un’idea, la distanza che possiamo riscontrare tra noi e loro o tra noi e altri animatori che hanno modi di fare diversi dai nostri, o tra noi e gli adulti che ci sembrano a volte un po’ “vintage”, non è un ostacolo a ciò che può somigliare alla nostra vera natura. Certo ci auguriamo che l’oratorio non sia un reparto di TSO, ma l’idea di base è che stando con queste persone, con questi ragazzi, con questi animatori, adulti, don e suore, possiamo rintracciare, esprimere e accendere quel desiderio di salvezza che abbiamo tutti, seppur espresso in modi diversi.

 

Dicevamo che questo libro è anche una carezza, perché ci ricorda che è bello stare al mondo, che nonostante il dolore attraversi e segni la vita, nonostante gli infiniti interrogativi, la salvezza esiste e ci abita. Non mettiamola a tacere. Anestetizzandoci dalla vita, volendo mettere a tacere con una dipendenza o altro il dolore, la tristezza, i nostri limiti, mettiamo da parte anche il desiderio grande di essere salvati, di vivere una vita vera. È un peccato privarci di questo, perché siamo qui per vivere, non per tirare avanti.

“Una cosa devi tenerla a mente: curati, chiedi aiuto quando hai bisogno, ma non lasciare che nessuno ti racconti il mondo. Tieni il tuo sguardo aperto, libero.”

Piccola parentesi forse ovvia, ma doverosa, la malattia mentale esiste e va curata, ma custodiamo gelosamente tutto ciò che ci rende umani: la sensibilità, l’attenzione, la cura.

 

C’è un particolare nella serie, assente nel libro, è una ninna nanna che canta Alessia, in servizio al reparto, fa così

“La salvezza è un dono di Gesù e solo Gesù ce la può dare.”

La salvezza ci raggiunge nei modi più svariati, ma si fa sempre carne, non è mai pura astrazione. Dio si è fatto uomo, non disprezza niente di ciò che siamo, di come siamo fatti, perché ci ha voluti così. Non è estraneo alle nostre paure e fragilità, anzi la maggior parte delle volte ci viene a trovare proprio nel nostro buio che facciamo di tutto per evitare. È importante però anche sapere di non dover camminare da soli, che ci si può far aiutare da qualcuno che non ci racconti il mondo, ma ci metta nelle condizioni di poterlo raccontare con le nostre parole. Qualcuno che ci aiuti a riconoscere come questa salvezza ci raggiunge e come senza neanche accorgercene diventiamo un mezzo per portarla ad altri: ultimi per molti, ma per noi forse fratelli.

 

Buona lettura!