Andate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Scende in campo la squadra della Trinità.
Andate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Scende in campo la squadra della Trinità.

Andate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Scende in campo la squadra della Trinità.

trinità

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.  Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

 (Mt. 28, 16-20)

E meno male, Gesù! Perché qua le cose non sono per niente facili. Meno male che starai con noi fino alla fine del mondo perché da soli, sinceramente la vedo molto dura. E come potrebbe essere altrimenti? Parliamoci chiaro, se neanche gli “undici”, la tua squadra, se neanche loro sono stati in grado di non dubitare, come possiamo farlo noi?

C’è poco da dire, eh… C’è scritto qui, a chiare lettere “essi però dubitarono.” Non so cosa avevano da dubitare, ma dubitarono. Insomma, cosa volevano di più? Eri morto, risorto, eri apparso, ti eri manifestato facendoti riconoscere, li avevi pregati nel tuo lungo monologo durato giorni di ascoltarti, li avevi preparati, avevi fatto un addestramento, convinto che ancora non avevano capito gli avevi mandato l’aiuto dal cielo… Cosa gli serviva ancora per non dubitare? Voglio dire, fosse capitato a noi credo che non avremmo dubitato. Forse te la dovevi scegliere meglio la squadra!

Dici di no? Pensi che avremmo dubitato anche noi? Vabbè difendi i tuoi uomini come ogni buon allenatore, mi pare logico… Però…

Ok, niente però, ne hai le prove. Perché ce ne hai mandati tanti e tanti nel tuo nome. Ce ne hai mandati, hai aperto vie per mano di uomini, noi ci abbiamo camminato sopra e ancora lo facciamo eppure dubitiamo almeno una volta ogni cinque secondi. Siamo proprio la generazione del dubbio.

E no, lo so. Lo so cosa stai per dire. Lo so che vuoi dirmi che il dubbio esiste da sempre, da Adamo ed Eva, passando per San Giuseppe. Però no, io credo che noi dubitiamo di più. Che siamo davvero la generazione del dubbio. Perché siamo la generazione delle poche, pochissime certezze, quella delle speranze disilluse. Anzi, forse quella che si sente stupida, a sperare. Dubitiamo chiusi nei nostri cappotti perfetti. Dubitiamo dietro al nostro cinismo e alle nostre certezze. Dubitiamo puntando il dito. E più siamo sicuri più dubitiamo delle nostre vite, Gesù. Pensiamo che tutti ci freghino. E forse, per un attimo, l’hanno pensato pure loro, i tuoi giocatori, che tu li avevi fregati. Che li avevi portati sul monte ma lì non c’era niente. Che te n’eri andato per sempre. Che né tu, né il Padre né questo aiuto dello Spirito che avevi promesso vi saresti mai fatti vivi. Come quando da bambini si va a letto la notte prima di Natale o la sera prima del compleanno cercando di non pensare al regalo che si vorrebbe, perché si ha paura di non trovarlo la mattina dopo.

Siamo gli uomini del dubbio perché siamo quelli che hanno perso la speranza, che non vogliono rimanere scottati. E sai che ti dico? Che mi rimangio tutto suoi tuoi uomini perché almeno loro sul monte ci sono saliti. Noi ci saremmo venuti? O avremmo detto “ma tanto lì non ci sarà niente, ma figuriamoci fatica sprecata, ma io mica posso trovare un lavoro, vanno avanti solo i raccomandati, ma io cosa ci parlo a fare con quella donna o con quell’uomo, ma cosa mi metto in gioco a fare, ma perché perdo tempo” e saremmo rimasti ai piedi del monte? La seconda. Quel monte sarebbe stato pieno di gente a valle. Gente che si perdeva il più bello degli annunci. E cioè che voi tutti, la Santissima Trinità, ha bisogno di ognuno di noi, di una squadra molto più grande degli undici canonici. Di una rosa infinita. Tutti convocati, sul monte, non sotto il monte. Tutti pronti ad ascoltare lo schema. E a sentirci dire ancora una volta “non ti preoccupare, io ci sono.”

Boh, io mi sento un po’ scemo, sai Gesù a leggere queste tue parole, ad accogliere questa tua carezza. Un po’ scemo è un po’ ingrato. E penso che anche la tua prima squadra si deve essere sentita così. Scema e in colpa perché aveva dubitato. Ma sai come ti immagino, mentre guardi le loro teste basse? Ti immagino sorridere sotto i baffi come un padre quando scopre una marachella del figlio. Lì pronto a educare con piglio fermo, ma intenerito. Non deluso, non dispiaciuto, no. Perché il padre è stato bambino anche lui, sa che si può rompere un vetro col pallone ogni tanto. Può capitare. E tu hai vissuto la nostra condizione e sai che si può vacillare, che può capitare.

E allora Gesù, rimani con me, ti prego perché tu sei il mio legame con il Padre. Sei quello che più ho imparato a conoscere e che forse posso capire un pochino di più. A te riesco ad avvicinarmi, ti sento come il fratello maggiore al quale confidare le cose. Resta con me, rimani il mio fratello maggiore. E quando dubiterò aiutami a non rimanere ai piedi del monte e parla col Padre perché non si arrabbi. E se vedi che ho bisogno di una mano più grande, mandami l’aiuto dal cielo, quello solito, sai, dello Spirito. Resta con me e tienimi in squadra. Mandami nel tuo nome: io cercherò di giocare al meglio.