Finché format non ci separi. L’amore reality.
Finché format non ci separi. L’amore reality.

Finché format non ci separi. L’amore reality.

reality

Amore mio, io per te farei di tutto. Tu invece ti faresti tutti.

Così cominciava una fantomatica lettera di un fantomatico marito tradito che avrebbe comprato una pagina sul Corriere per spiattellare a tutta Italia i facili costumi della donzella che aveva portato all’altare. Una lettera che ha fatto il giro del web in poco. Esattamente quello che gli ideatori volevano. Infatti, la lettera di Enzo – il tradito a Lucia – la traditrice pare non essere altro che una trovata pubblicitaria, quella che in gergo si chiamerebbe copyAd (una campagna stampa fatta di solo testo), per creare curiosità e fermento su un nuovo programma di Real Time che invaderà le nostre case presto: Alta Infedeltà.

Chi non ha mai visto Real Time alzi la mano. Abbassa quel braccio che non ti crede nessuno! Anche tu, lì, ti vedo, in terza fila che abbassi gli occhi e alzi la mano. Guarda che ti faccio un test, sai? Ti chiedo il canale del digitale terrestre e lo sappiamo tutti che è 31. Ci ha conquistato con i programmi di cucina, ci ha fatto sognare con gli abiti da sposa, ci ha meravigliato con le torte più strane (e meno commestibili) del mondo e ora tira fuori un ennesimo format che ci parla d’amore da un altro punto di vista. E questo è il punto. Quale punto di vista?

Esiste veramente un punto di vista dell’amore?

Ma andiamo con ordine. Alta Infedeltà racconta le storie vere (vere?!) di tradimento dal punto di vista del tradito, del traditore e dell’amante. Come le racconta? Pressapoco così: l’uomo/donna in questione viene intervistato e racconta la sua storia che viene messa in scena da degli attori. Una soap opera real! Wow! Altro che Pepa e Tristan o Diana e Joao! Qui si parla di Gino e Maria, Salvatore e Francesca! Roba che scotta! E che probabilmente dovrebbe rimanere tra le eventuali mura domestiche. Guardiamoci in faccia, animatori: qua farsi i fatti degli altri più o meno incuriosisce tutti. Il guaio qual è? Che una cosa che passa in televisione, tra l’altro con il nome altisonante di reality, immediatamente diventa vera. E l’unica cosa possibile.

E allora cosa c’è di male in questo, mi direte voi? Male ora è un parolone, però il concetto dell’amore mediatico sta diventando sempre più spesso il concetto d’amore dei nostri ragazzi e potremmo anche azzardarci a dire, come dei vecchi bacucchi, il concetto d’amore dei nostri giorni. E allora torniamo alla domanda il blu di prima: esiste veramente un punto di vista dell’amore?

Sì.

Sorpresi? Eravate tutti pronti a dire no, come da buon catechismo, vero? 😉 E invece esiste ed è un punto di vista che va dal basso verso l’alto e che, più o meno verso i tre quarti, si allarga a destra e a sinistra come in un abbraccio enorme. La croce è il punto di vista dell’amore. Da lì o verso lì. E non ce ne sono altre. Ok, ho barato, la vostra risposta era giusta e sensata ma non si fa audience se non si crea un po’ di movimento, no?

Comunque, l’amore. Animatori cari, qua il fatto è grave. Qua i vari Real Time, ma pure Canale 5, ci stanno rovinando. Qua veramente si crede che l’amore sia questo qui che viene trasmesso. Ma come quale? Quello che scende con una rosa in mano al ritmo di tatataratarara tatataratarara… E che per conoscersi serve un’esterna e che per capire se le persone sono vere bisogna guardare le reazioni che hanno in studio e che il bacio è importante perché senza il fisico non si può amare. E allora, sai che facciamo? Ci facciamo un bel collage di tutte queste trasmissioni e oggi a riunione ci facciamo un bel giretto tra l’amore trasmesso e quello di cui sopra, domanda blu…

Partiamo da un format non italiano, trasmesso però anche in Italia: Nudi a prima vista.

Ah questo è bellissimo! Ci sono capitata una volta per caso girando i canali e non potevo credere ai miei occhi. E soprattutto non potevo smettere di ridere! Il meccanismo è semplicissimo: un ragazzo e una ragazza si incontrano su un’isola tutti nudi e passano insieme una giornata facendo attività sportive e cose varie che la redazione gli propone. Mangiano, bevono, e poi, a cena, ci vanno vestiti (mah!). Se è scattato qualcosa, magari passano anche il dopocena, di nuovo svestiti. Altrimenti pace, si passa al giorno dopo. Il giorno dopo ognuno di loro incontra un altra persona sempre nuda e l’iter è lo stesso. La sera, però, staranno tutti insieme. Questo farà si che si crei anche un gioco delle coppie. Terzo giorno, stessa cosa. A quel punto i due concorrenti iniziali devono dire se è scattato un interesse per un nudo che hanno davanti o se è scattato tra loro. E se vogliono, quindi, cominciare una conoscenza coi vestiti addosso. Voi mi direte: che ti ridi?? C’è da piangere! Giusto, c’è da piangere. Ma quello che mi ha fatto ridere è stato il modo in cui cercano di venderti filosoficamente questa cosa: mettersi a nudo è conoscersi veramente. Se si riesce a star nudi con tutte le proprie imperfezioni e le proprie fragilità di fronte all’altra persona, vuol dire che c’è feeling e allora si più provare a costruire un sentimento. C’è qualcosa che non va: è come costruire un palazzo cominciando dal terrazzo del settimo piano invece che dalle fondamenta. E poi, siamo veramente sicuri che le fragilità di una persona siano la cellulite e le cosce grosse? E non magari la difficoltà grande di parlare, di raccontare quelle zavorre di cemento che pesano in fondo allo stomaco, di condividere la vita, di gioire per l’altro e con l’altro? Mi sembra tanto che la cellulite sia ben scoperta e il fianco ben coperto. Che poi sia solo una trovata per giustificare un programma di incontri occasionali, siamo tutti d’accordo ma stiamo attenti a non banalizzare: purtroppo questi escamotage sono gli stessi che spesso usiamo noi e usano i nostri ragazzi (magari meno estremizzati) per costruirci degli alibi e una religione a misura nostra. Ma ne abbiamo davvero bisogno di una religione a misura nostra? Non siamo già capaci da soli di fare cose da uomini? E ad essere forse non proprio tanto tanto tanto felici?

Sulla stessa stregua, c’è Appuntamento al buio. Però qui la gente è vestita. 😉

Il format qui funziona così: tre ragazzi e tre ragazze cercano l’amore senza vedersi, perché se è vero che l’amore è cieco… Quindi fanno degli appuntamenti in una stanza completamente buia dove non si vedono (ma noi da buoni voyer vediamo tutti grazie alla tecnologia avanzatissima). Possono solo parlarsi e toccarsi. Alla fine decideranno di vedere uno solo di quelli che hanno incontrato e una volta visti decideranno se le sensazioni che hanno provato sono più forti di quel difetto fisico che proprio non possono tollerare e se cominciare una vita insieme, alla luce, o meno. Qui potreste dirmi che l’intento è più nobile: superare l’imbarazzo del fisico, conoscere una persona per quello che è, senza fermarsi all’aspetto fisico, bello o brutto che sia. E i toni drammatici del racconto del tutto vogliono farci credere proprio questo, proprio un amore di altri tempi. Ma basta guardare un solo appuntamento in darkroom per scoprire che in realtà non c’è nulla di mentale: ognuno di loro non fa altro che cercare il contatto e scoprire com’è fatta l’altra persona fisicamente e il buio li aiuta ad avere un contatto fisico più facile. Qui pare che l’amore nasca solo dal fisico. E allora la domanda è sempre la stessa: cos’è l’amore?

Dato che ‘st’amore non sappiamo bene cos’è ma sappiamo che va messo alla prova, perché non fari un bel giro sulla Temptation Island?

Qui le coppie si dividono: nella spiaggia degli uomini ci sono tante ragazze single quanti sono gli uomini accoppiati che sono stati separati dalla propria compagna. Lo stesso accade nella spiaggia delle donne. I single devono tentare i ragazzi e le ragazze impegnati. In questo modo e solo in questo modo si può testare la solidità di una relazione. E io che pensavo che la solidità di una relazione era fatta dalla fiducia, dal parlarsi, dal fare le cose insieme ma da non avere problemi a farle separate, dagli interessi comuni e dalle stesse linee di pensiero. Che retrograda che sono! Ogni settimana, tra l’altro, vengono mostrati all’altro/a gli atteggiamenti della propria compagna/o adeguatamente montati per creare lo scandalo. Al rogo, traditori!

Ed è in questa fascia della tv, questa dell’amore da mettere alla prova che si inserisce il nuovo Alta Infedeltà, per raccontarci di amori che finiscono o di persone che si lasciano trascinare dalla tentazione del fisico, quella dei nudi a prima vista, oppure da una voce sensuale, dal buio di una chat o chissà… Eppure… Se mi amassi veramente… Ma cos’è st’amore?

L’amore è dare la vita. La vita per i proprio amici, per la propria donna, per il proprio uomo, per i propri figli. (Gv. 15, 13) Dare la vita. Donare la vita. Donarla all’altro, impacchettargliela e dire “ecco, questo è il mio regalo per te, è prezioso perché è assolutamente tutto quello che ho. Non è un modo di dire, è proprio tutto quello che ho perché oltre la mia vita non ho nulla. Ti prego, custodiscilo.” Ecco cos’è l’amore. Ma per fare un dono così grande, così grande da dover custodire, un dono da mangiare, forse bisogna andare ben più là di litigi davanti alle telecamere, dei baci dati per capire le sensazioni, dei social network e delle cose che sono scritte lì, del vedersi nudi o del non vedersi. E se c’è un dono così grande in ballo, perché metterlo alla prova? Come può finire un dono così, prima che finisca la vita stessa? Forse dobbiamo solo stare un po’ più attenti prima di gridare Ti amo (oggi stemperato con un “di bene” come fosse una piccola postilla che lo rende più labile e meno perentorio, una via d’uscita ecco).

Regaliamo dei bei semi di fiori ai nostri ragazzi, impacchettati, infiocchettati e diciamo loro di piantarli e averne cura. (Gv 12, 24) Un grande dono da trattare con grande delicatezza. Un dono che dà la sua vita. E ne viene fuori una cosa talmente bella… 🙂

P.S. Terasa e Salvatore sono troooooppo belli insieme! 😉

Per la riunione cosa si può fare?

Per trattare questo argomento possiamo usare diverse tecniche. Possiamo fare delle scenette, con gli altri animatori, divertenti scimmiottando e riprendendo i personaggi dei reality per poi creare la discussione. Oppure fare un video ad hoc mettendo insieme pezzi salienti che ci aiutano poi nella discussione. O, ancora, fare un gioco di ruolo dando ad ogni ragazzo un personaggio con cose da fare e atteggiamenti da avere per poi discutere su quali difficoltà hanno trovato, quali cose sembrano loro giuste o meno. E se vogliamo possiamo concludere con il regalo dei semi… 🙂