In caso d’amore, rompere il vetro. (La musica fa bene al cuore!)
In caso d’amore, rompere il vetro. (La musica fa bene al cuore!)

In caso d’amore, rompere il vetro. (La musica fa bene al cuore!)

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Qualche tempo fa, un gruppo di squinternati con a capo due pazzi, ha messo su un cd. Un cd amatoriale, con canzoni di vario genere e varia umanità. Un cd che può essere usato in tante occasioni diverse, o meglio le canzoni che contiene ci possono aiutare per incontri, riflessioni, preghiere, ma anche per l’Estate Ragazzi (o il Grest, a seconda di come siete abituati a chiamarlo). Un cd che non trovate in commercio ma che potete trovare qui, canzone per canzone.

In caso d’amore, rompere il vetro. Questo lo strano titolo di uno strano cd. Un titolo che parte dal presupposto che per accedere al famoso punto accessibile al bene bisogna rompere il vetro, rompere la corazza. E come si può fare? Solo con l’amore. Ecco perché in caso d’amore bisogna rompere il vetro. Per accedere, per entrare, per fare irruzione.

 

Questo strano cd parte con la lettura di un pezzo tratto dagli scritti di don Bosco, un pezzo che racconta dei giovani di don Bosco. E da lì, da questo don Bosco tutto per i suoi giovani, nasce la prima canzone, questa qui sotto: Occhi.

Occhi è una canzone che parla di don Bosco e dei suoi ragazzi, appunto. Di tutti noi, di quelli che erano e di quelli che sono. Di quelli di ieri e di oggi. Ne parla raccontando la paternità di don Bosco, il modo in cui oggi lo vediamo, analizzando la sua storia, guardando quel che fatto. E alla fine, una preghiera: padre ti prego continua a insegnare sorrisi, continua anche con noi a fare quello che facevi con i tuoi ragazzi, continua a sorreggere i sogni, continua a infondere speranza. Una bella preghiera al nostro don Bosco. 🙂

 

 

 

Anche la seconda canzone è per don Bosco, un inno di quelli da usare durante le feste, come canto finale delle messe “salesiane”, durante le giornate in oratorio, tutto da ballare e cantare.

Basta che siate giovani. Dalla sua celebre frase, una canzone che mette in musica la gioia del suo pensiero: la gioia che questa sua “visione della vita” porta a noi la esprimiamo con ritmo e brio.

 

 

 

Parlando di inni, ecco qui due inni per le vostre Estate Ragazzi/Grest.

L’avventura è quaggiù, ispirato alla storia del film disney Up! e Devi solo crederci, per chi vuole invece fare l’Estate Ragazzi su Kung fu Panda. Freschi, leggeri, allegri, con lo spazio per “chiamare” le squadre a urlare durante l’inno, e con un bel concetto da evidenziare, in entrambi gli inni (e in entrambe le storie). Quale? Beh, ascoltate e lo saprete! 😉

 

 

 

Torniamo al nostro don Bosco, e con Sarà la vita apriamo una sezione più “meditativa” del nostro cd.

Sarà la vita è ancora un inno al santo dei giovani, un brano fresco, che racconta il punto di vista di ragazzi che hanno incontrato don Bosco: com’è successo? Perché? Come mai li ha così conquistati? Qual è il suo segreto?

Il suo segreto è amare per primo. E come un caso, che in effetti non è un caso, don Bosco compare nella vita di tutti noi, guidandola e guardandola da vicino, molto vicino. E ci ama, facendoci sentire dei figli unici.

Questa canzone può essere usata, oltre che nei momenti salesiani, come monito per gli animatori, come insegnamento e guida per fare come don Bosco. Anche noi animatori possiamo essere (e dobbiamo essere) quelli con cui si può parlare “di quadri e scarpe”. E si deve!

 

 

 

E ora veniamo a una canzone di meditazione sul brano del vangelo nel quale Gesù dice ai pescatori di gettare le reti, anche se loro hanno già provato per tutta la notte e non sono riusciti. (Lc 5, 1-11)

Il momento prima dell’alba ci racconta una serie di interrogativi umani, che ognuno di noi si può porre davanti a questa pagina di vangelo. Perché un pescatore si doveva fidare di Gesù? Perché non l’ha mandato a quel paese? Perché fidarsi di questa voce che arriva nella notte? Forse perché non c’è niente da perdere, forse perché la rassegnazione, la fame e la stanchezza vogliono con tutte le loro forze lasciare il posto alla speranza, in quel momento indefinito che separa le tenebre dalla luce, la notte dal giorno. Quel momento prima dell’alba in cui ognuno di noi può dire “ma sì, Signore, sulla tua parola getterò le reti, scommetto sulle tue parole che sanno d’amore, scommetto su questa voce che rompe il tempo con novità, scommetto sui sogni”.

Usiamo questo brano per parlare di sogni, per parlare d’amore, ma anche per parlare di fiducia, di scommesse. Usiamolo nei deserti personali, come brano che aiuti ciascuno a riflettere sulla propria vita.

 

 

 

Il canto di Giuda è un brano nato da una riflessione fatta su Giuda, l’uomo dei rimorsi, l’uomo che non si perdona e su Maria, la madre di tutta l’umanità, anche di quella più fragile.

Il canto di Giuda parte con un ammissione di colpa di Giuda, appunto, che non può credere a se stesso, a quel fatto tanto atroce che ha commesso, a quel peccato così assurdo da lavare. Infatti i suoi rimorsi non gli permetteranno di lavarlo. La sua coscienza risponderà alle sue domande retoriche e Giuda si piegherà a questi rimorsi. Prima di morire, agli autori piace pensare che Giuda abbia gridato a Dio di perdonarlo, quel perdono che lui non era riuscito a dare a se stesso. Perché in fondo Giuda è come tutti noi, è uno che ha tradito esattamente come tutti noi (Nostro fratello Giuda – Primo Mazzoleri) e che poi si è pentito ma non ce l’ha fatta ad andare avanti. E’ l’altra faccia di Pietro, che Gesù ci mette lì, nella storia della Passione per raccontarci che nell’umanità tutti tradiscono: c’è chi riesce a chiedere perdono, pentirsi e perdonarsi e c’è chi, invece, non riesce in questo ultimo difficile passaggio. E quante persone, ai giorni nostri, si suicidano perché troppo fragili per andare avanti?

Ma il Signore che sotto la croce ha affidato l’umanità a Maria, neanche in questa prova ci lascia soli e non lascia solo neanche Giuda. Come don Tonino Bello scrive in “Maria, donna dei nostri giorni”, infatti, anche agli autori piace pensare che Maria una volta andata nel cenacolo e non trovato Giuda non sia stata lì ferma e attonita, ma sia uscita a cercarlo. A cercare un suo figlio che era perduto. Lo trova e prega il Padre per la sua anima e per tutte le anime come la sua che verranno dopo.

Il canto di Giuda può aiutarci sia in tempo di Pasqua che no, sia per parlare di Giuda che per parlare della fragilità, del perdono, della misericordia di Dio.

 

 

 

Abbracciami è un brano che può essere usato in un ritiro, in un deserto personale, in un campo o un incontro sulla crisi, in una riflessione che analizza il dolore delle persone, il modo di soffrire… per poi raccontarci come Dio interviene in questo dolore, che ruolo ha.

Quante volte ce la prendiamo con Dio? Nel dolore è molto più facile andare via. Dire “sono arrabbiato con te” sbattere la porta e uscire. Ma proprio come tra due persone, chi sbatte la porta in cuor suo non fa altro che ripetersi “ti prego rincorrimi, ti prego vieni ad abbracciarmi”, così fa con Dio, pari pari. E c’è una richiesta strana in questa canzone: si chiede a Dio di abbracciarci e di non lasciarci mai. Ma perché, è Dio quello che lascia? Questa richiesta dovrebbe farla lui. Troppo facile, così! In Abbracciami c’è un forte riconoscimento della propria fragilità, è per questo che si chiede a Dio di non lasciarci: perché lui ha la “forza” per farlo, ha la forza per tenerci legati a lui anche se noi facciamo di tutto per scappare. Una preghiera di sostegno, una preghiera per dire “io non voglio abbandonarti, dammi la forza di non andarmene mai via”.

 

 

 

Il tuo pezzo è una canzone che parla della follia dell’amore. “Amare vuol dire mangiare dell’altro”: ce lo insegna Gesù il giovedì santo, nell’ultima cena, facendosi mangiare. Lui commette questa pazzia e ci chiede di fare altrettanto, di farci mangiare e di mangiare dell’altro. Gli autori raccontano l’amore come il dono di un proprio pezzo e, dall’altra parte, la custodia di tale pezzo. Un pezzo che va a formare il mosaico umano, un bellissimo mosaico fatto di pezzi d’amore, di pezzi di persone che hanno amato. In fondo, se siamo quello che mangiamo, siamo una splendida opera d’arte arricchita dagli altri, no?

La possiamo usare nei ritiri di Pasqua, ma anche nelle riunioni sull’amore di coppia, sulla sessualità. E, oltre all’ultima cena, come riferimento biblico abbiamo anche il racconto dei pani e dei pesci del vangelo di Matteo, dove Gesù dice “date loro voi stessi da mangiare”. (Mt 14, 13-21)

 

 

 

Nel tempo e nell’eternità è un bellissimo dialogo tra un giovane e don Bosco. Un dialogo a distanza, come se don Bosco scrivesse a tutti noi la sua eredità. E qual è questa eredità? La nostra felicità sia oggi che per la vita eterna. Felici nel tempo e nell’eternità. Ma è anche dialogo tra un animatore e un ragazzo. Perché a ogni animatore sta a cuore la felicità del ragazzo, quella totale, sia nel tempo che nell’eternità.

Una bellissima canzone meditativa da usare nelle nostra veglie di preghiera, in qualche riunione che parla di felicità, un tema così difficile e controverso. Ma anche nella scuola di animazione, nei campi per gli animatori, che ci aiuti a parlare dell’educazione come cosa di cuore.

 

 

 

Cosa faremo da grandi? È una delle prime domande che i bambini si fanno e poi fanno ai loro genitori. Una domanda che ci accompagna lungo tutto il cammino della vita alla scoperta della nostra vocazione e della nostra missione. Se proviamo a contemplare la creazione, scopriamo che ogni cosa è stata pensata da Dio come qualcosa di unico e con un compito ben preciso. Il cielo, la terra, ciascuno di noi… Ecco cosa La ballata del creato. L’armonia del creato diventa una ballata che ci aiuta a guardare un po’ più in là, ad avere mete alte, a sognare in grande. Abbiamo bisogno gli uni degli altri per ritrovare quelle cose preziose che a volte perdiamo nel buio. Dobbiamo prometterci che ci saremo, gli uni accanto agli altri, che saremo disposti a mettere da parte tutto quello che non ci serve, e a riappropriarci dell’essenziale. Scopriremo che la vita è un dono prezioso che il Signore ci affida con un mandato ben preciso: sognare, progettare, costruire… per essere felici, come lui ci vuole!

La ballata del creato è un brano da usare come riflessione sul creato, come brano per introdurre magari argomenti di attualità come la salvaguardia del pianeta, ma anche negli incontri che parlano agli adolescenti del loro futuro, di cammino, di strada. Un brano che può esserci utile per introdurre vari momenti, ma anche da analizzare punto per punto, insieme.

 

 

 

E questo uomo così controverso, così fragile, così impaurito, così labile e traditore, così sempre alla ricerca della felicità, è il protagonista indiscusso di Come un angelo. Come un angelo è il salmo 8 riportato nella vita reale. Quante volte ci saremo ritrovati a dire “signore ma come fai ancora a darmi tanta fiducia? come fai a trattarmi così bene? ad amarmi così tanto?” Tante, vero? La risposta è lì, nel salmo 8, un salmo che ci viene in mente mentre guardiamo il cielo e un sorriso si apre sul nostro volto.

Come un angelo è una canzone per le nostre veglie, i nostri momenti di preghiera, ma anche per le buonenotti dei campi o dei ritiri.

 

Questo è un po’ di materiale che può servire a tutti. Prendete, diffondete, ascoltate, cantate, usate e… richiedete! Basta scrivere a animatorisalesiani@gmail.com