“Mio buon amico, come ti chiami?”
“Mio buon amico, come ti chiami?”

“Mio buon amico, come ti chiami?”

Da qualche giorno si fa un gran parlare di Humanity 1, Ocean Viking, Rise Above, Geo Barents, ONG, trafficanti, porti, sbarchi, carico residuale ecc… ecc… In poche parole, ancora una volta il tema delle migrazioni torna al centro dell’attenzione pubblica. Non ci addentreremo nelle questioni politiche e diplomatiche, non tratteremo nel merito la gestione del fenomeno migratorio, semplicemente invitiamo ad alcune riflessioni che non sempre, ma spesso sfuggono alle logiche dell’informazione.

Le riflessioni che proponiamo hanno origine innanzitutto nella nostra esperienza di Animatori Salesiani e si sviluppano in seguito alla visione di un reportage trasmesso dalla “Propaganda Live”  (lo vedi qui) che offre semplicemente immagini e storie di persone. Ripetiamo, tutto ciò che si riferisce alla gestione del fenomeno migratorio: se far sbarcare o no, se aprire o chiudere i porti, il ruolo dell’Unione Europea, il governo, Piantedosi, la Francia ecc… non è oggetto di quest’articolo. Certo, qualcuno potrebbe accusarci di eccessiva neutralità, del fatto che c’è da prendere una posizione chiara e netta. Magari qualcuno potrebbe farci rientrare nella categoria dei “tiepidi” e sarebbe un pericolo davvero grande, considerando il giudizio che ne fa San Giovanni nell’Apocalisse:

Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca

Certamente non vogliamo essere “vomitati”, però non vogliamo nemmeno entrare in logiche politiche e partitiche, fortemente ideologizzate, e per questo, sì prendiamo una posizione chiara e netta, ma nei confronti delle persone e soprattutto dei ragazzi. Qui si inserisce il dato esperienziale e carismatico/vocazionale nel senso che, nei volti che appaiono nel reportage, nelle loro storie e nei loro vissuti, ci è sembrato di rivedere i tanti bambini, ragazzi, adolescenti e giovani che incontriamo nei nostri cortili, negli oratori o che sono accolti nelle nostre case salesiane, nelle varie comunità di accoglienza per minori non accompagnati, case famiglia ecc… Da ciò nascono quindi due riflessioni:

La prima: spesso i ragazzi e i giovani che incontriamo nei nostri cortili e nelle nostre case hanno vissuti di questo tipo. Si tratta di adolescenti che lasciano la propria casa per svariate ragioni e si ritrovano senza riferimenti e sicurezze, anzi l’unica certezza è quella di dover lavorare, spesso illegalmente, per poter contribuire all’economia famigliare nel paese d’origine. Senza considerare poi in cosa consiste realmente il “viaggio” intrapreso…

 Cosa fare quindi? Accogliere e far sentire voluti bene. Tutto ciò risulterà più facile in un ambiente, in un cortile familiare e attento, in cui davvero si vive l’assistenza e il FBL (fai ballare l’occhio). Poi c’è da ascoltare il linguaggio verbale e comportamentale, occorre entrare in punta di piedi e con molto rispetto nelle storie personali di ciascuno, rispettando i tempi di confidenza e condivisone. Sicuramente c’è da educare, ovviamente sempre nell’ interesse di contribuire al bene del ragazzo, riconoscendo che l’educazione è un processo impegnativo e comunitario: non è solo una questione di buona volontà, ma anche di competenza e professionalità. Per questo in molte case salesiane esistono attività, servizi e percorsi a favore dell’educazione e dell’integrazione di questa categoria delicata di minori e di giovani. In questo caso si può chiedere come potersi mettere a disposizione per dare una mano o semplicemente quali atteggiamenti e comportamenti è opportuno attuare. In ogni caso, siamo sempre inseriti in una Comunità Educativo Pastorale ricca di competenze umane, relazionali e professionali.

Seconda: quando sentiamo parlare del fenomeno delle migrazioni, dalle notizie e dai commenti dei media, dei politici, delle persone che incontriamo quotidianamente, facciamo tornare alla memoria nomi, volti, storie, di ragazzi che conosciamo, con cui abbiamo giocato a pallone nel nostro oratorio, che sono stati accolti nella nostra casa salesiana. Ricordiamoci che si tratta di persone, ragazzi e giovani, ossa e carne, spesso ferita e cicatrizzata. Situazioni e vissuti che abbiamo toccato mano e che probabilmente ci hanno fatto toccare con mano l’umanità del Signore Gesù. Ricordiamoci quindi di Matteo 25, 35-36:

ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi

Infine, ci troviamo di fronte a qualcosa tradizionalmente e carismaticamente nostro. Molti dei ragazzi dell’oratorio di Valdocco, e ancora prima, molti ragazzi che don Bosco iniziò a radunare già nella chiesa di San Francesco d’Assisi, venivano da fuori Torino per trovare lavoro. Ricordiamo tutti l’incontro con il quale iniziò l’oratorio in quel 8 dicembre 1841

Mio buon amico, come ti chiami?

— Mi chiamo Bartolomeo Garelli.

— Di che paese tu sei?

— D’Asti.

E anche in altri occasioni, nelle Memori dell’Oratorio don Bosco scrive:

In generale l’Oratorio era composto di scalpellini, muratori, stuccatori, selciatori, quadratori e di altri che venivano di lontani paesi. Essi non essendo pratici né di chiese né di compagni erano esposti ai pericoli di perversione specialmente nei giorni festivi

E anche le prime missioni salesiane avevano questa particolare attenzione. Don Bosco l’11 novembre 1875, il giorno della prima spedizione disse ai missionari:

Vi raccomando poi con insistenza particolare (disse volgendosi ai Missionari) la dolorosa posizione di molte famiglie italiane, che numerose vivono disperse in quelle città e in quei paesi e in mezzo alle stesse campagne. I genitori, la loro figliuolanza poco istruita della lingua e dei costumi dei luoghi, lontani dalle scuole e dalle chiese, o non vanno alle pratiche religiose o, se ci vanno, niente capiscono

Inoltre, come Animatori Salesiani abbiamo la possibilità di avere un quadro abbastanza completo del fenomeno migratorio. Molte case salesiane, come già detto, nella propria proposta evangelizzatrice ed educativa prevedono strutture di accoglienza e percorsi di integrazione, e in questo c’è da dirlo, siamo davvero bravi! Quindi, informiamoci innanzitutto su ciò che viviamo nella nostra realtà salesiana per proporre modelli virtuosi di accoglienza. Informiamoci poi su cosa facciamo come salesiani nei paesi d’origine. Per esempio, sapevi che il VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) l’ONG dei salesiani, insieme a Missioni don Bosco, qualche anno fa ha avviato una campagna dal titolo “Stop Tratta”?  (puoi approfondire qui)

Tutto ciò ci restituisce un quadro della situazione ben più ampio di ciò che spesso ci viene proposto. In questa maniera possiamo riscostruire la complessità del fenomeno, depurandola da ideologismi e riduzionismi di parte. In questo modo ci viene restituita una visione ben più autentica, umana e personale.

 

Mio buon amico, come ti chiami?

— Mi chiamo Saliou

— Di che paese tu sei?

— Del Mali…

 

Se ti va approfondire:

Il dossier del numero di novembre di Note di Pastorale Giovanile, si intitola “Accoglienza dei giovani migranti e rinnovamento della comunità ecclesiale”, chiedi al tuo salesiano se ha una copia. Intanto online puoi leggere il seguente articolo Accoglienza dei giovani migranti e rinnovamento della comunità ecclesiale”