Se Stranger Things fosse ambientato in oratorio
Se Stranger Things fosse ambientato in oratorio

Se Stranger Things fosse ambientato in oratorio

Avete già visto l’ultima stagione di Stranger Things? Addirittura per gli ultimi due episodi Netflix è andato anche in tilt! Ormai sono diversi anni che in molti ci stiamo affezionando alle avventure di Undi e compagni, ci sono sicuramente momenti in cui forse è scesa anche qualche lacrimuccia.

Da qui in poi: ATTENZIONE SPOILER! Non continuare a leggere se non ha finito di vederla!

Quella di Stranger Things è certamente una trama molto avvincente, poi l’ambientazione anni 80, la colonna sonora ecc.. davvero rende il tutto affascinante, però il segreto della serie forse sta proprio nel vissuto dei personaggi, nelle relazioni che hanno costruito e curato. D’altronde sono proprio le relazioni la vera forza che anima i personaggi della serie, tutti in un modo o nell’altro svolgono un ruolo determinante, infatti sono proprio i ricordi positivi, quelli delle relazioni vissute, a permettere a Max di salvarsi e a Undi di trovare la forza per sconfiggere il nemico.

Relazioni familiari e di amicizia, non prive di conflitti e incomprensioni, tra personaggi abbastanza diversi tra loro, non solo per il livello di “nerrdaggine” ma anche per carattere, storie personali, qualità e limiti. Abbiamo provato quindi a metterli in oratorio, depurandoli dal linguaggio un po’ scurrile, chissà poi se un giorno verrà fondata una casa salesiana proprio a Hawkins! 

Dustin Henderson: è il creativo, quello che se ne inventa di ogni per animare i ragazzi e farli crescer come “buoni cristiani e onesti cittadini”. Forse è un po’ stravagante ma ha davvero a cuore l’oratorio che sente come casa e luogo in cui imparare ad essere autenticamente sé stesso

— Non cambiare mai Dustin Henderson. Me lo prometti?

— Non pensavo di farlo

(Ovviamente c’è si da cambiare ma in un processo di crescita che ci aiuti ad essere noi stessi)

Lucas Sinclair: è quello un po’ più “sveglio” che magari non viene spesso in oratorio, frequenta anche altri ambienti, ha altre amicizie ecc.. Però ha scelto l’oratorio come stile di vita e rimane coerente, seppure con qualche difficoltà ma in ogni luogo riesce a testimoniare la bellezza della fede e della vita oratoriana 

Max Mayfield: la nuova arrivata che mette alla prova il nostro essere accoglienti che poi alla fine rimane perché trova amici e anche il fidanzato. Da un tono di novità e freschezza all’ambiente. Forse vive un po’ con il rammarico di non aver conosciuto prima l’oratorio non può dire “abbiamo sempre fatto così!”

Will Byers: quello riflessivo e sensibile, magari non sarà uno di quelli che si mette in mostra, che è esuberante o che lo si vede mettere sottosopra un cortile, ma conosce i nomi di tutti i ragazzi, ascolta, osserva si fa vicino a chi è un po’ più in disparte.

Steve Harrington, Nancy Wheeler, Jonathan Byers, Robin Buckley: sono gli animatori più grandi che non possono più dedicare tutto il loro tempo all’oratorio ma che sono sempre un punto di riferimento per i propri ragazzi. Anche loro molto diversi l’uno dall’altro e hanno vissuto anche momenti difficili e alcuni conflitti interpersonali, ma hanno continuato sempre insieme accomunati dal bene ai ragazzi, all’oratorio e ad un cammino di crescita umana e spirituale che li ha portanti a volersi davvero bene oltre i limiti e le incomprensioni.

Undici, o meglio Jane Ives. In oratorio c’è sempre quel ragazzo o quella ragazza che si conosce più per il soprannome che per il nome. Purtroppo nessuno ha dei poteri sovraumani, che bello sarebbe se si potessero raccogliere tutto i palloni dell’oratorio o sistemare i vari ambienti con la sola forza del pensiero! Ad ogni, Undici è colei che davvero dona se stessa all’oratorio e soprattutto ai ragazzi più poveri che lo frequentano, e poi lo conosce meglio di tutti, lo sente davvero casa e li impara anche a conoscere se stessa

Mike Wheeler: classico coordinatore di un gruppo, è il carismatico, il leader che crea entusiasmo e guida nei momenti più difficili. È vero però che anche un leader ha bisogna di aiuto e nonostante a volte potrebbe essere testardo se ne rendo conto e si lascia aiutare, soprattutto facendo si che la sua leadership non sia autoritarismo o apparenza ma davvero capacità di creare comunione. Nella serie a Mike viene riconosciuto anche un altra grande caratteristica, alla quale però tutti forse dovremmo attingere e fare riferimento, perché in questo caso, per noi, si parla direttamente di Gesù Cristo. C’è una scena in cui Will fa ve vedere a Mike un dipinto che ha fatto:

 

Solo rimanendo uniti a quel cuore, diventandone amici e lasciandoci amare, potremmo conformarlo e renderlo simile al Suo e quindi provare ad amare come il Signore e solo così potremmo vivere il consiglio di Will:

— Non fermarti Mike, tu sei il cuore!”

È solo se le nostre relazioni sono abitate da Dio che possiamo portare luce anche in un mondo che ci sembra essere fatto al contrario, in cui sembra ci siano solo desolazione e oscurità, perché:

“Io sono la Luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12)